Attacco di Panico

ATTACCO DI PANICO: UNA BOMBA AD OROLOGERIA

Si presenta in modo subdolo, all’improvviso, con tutta l’irruenza di un ciclone, si manifesta con vampate, tachicardia, ipersudorazione fredda, tremori, rigidità muscolare e degli altri (in particolare delle mani e dei piedi), annebbiamento della vista e quell’orribile sensazione di soffocamento e timore di morire. L’attacco di Panico quando arriva getta nello sconforto e nello sbigottimento totale non solo chi lo vive ma anche chi vi assiste indirettamente. È democratico: colpisce in egual modo il ricco e il povero, non fa distinzione di classe o di genere, sia gli uomini che le donne possono subirlo, i ragazzini come anche gli adulti e perfino gli anziani. Avviene in ogni luogo nel momento spesso più impensato e inopportuno. Può durare pochi istanti o interminabili minuti; spesso è confuso con un attacco cardiorespiratorio e “la vittima” inizia ad entrare nel tunnel di esami e visite mediche specialistiche sino a quando si giunge alla consueta diagnosi: “soffre di attacchi di Panico”. Per alcuni è un sollievo, per altri invece l’inizio di una odissea personale: soffrire di attacchi di panico significa avere questioni irrisolte interiori che devono evidentemente essere affrontate al più presto. C’è chi si rifugia nella soluzione apparentemente più semplice: sedare questi sintomi con ansiolitici o psicofarmaci, chi invece decide di intraprendere un percorso personale nella comprensione più profonda di sé con l’aiuto di uno psicologo. Cosa si cela allora dietro la comparsa dell’attacco di Panico?

Innanzitutto è necessario chiarire che tale attacco, di per sé, non è un disturbo ma la manifestazione di un disagio: l’attacco rappresenta infatti solo un sintomo come può essere la tosse e, come tale, non andrebbe sedato ed eliminato, ma ne andrebbe invece scoperta la causa. Può comparire per i più disparati motivi: perdita di una persona cara, reale o simbolica, problemi sul luogo di lavoro, ansia da prestazione, difficoltà coniugali, fobie e insicurezze personali. In taluni casi si manifesta in perfetta coincidenza con un avvenimento avverso rendendo semplice la correlazione tra comparsa del sintomo e causa stessa, in altri casi invece, appare a distanza di settimane o mesi. In questi ultimi casi, ciò che “la vittima” dovrebbe fare è sedersi a tavolino e buttare giù, nero su bianco, tutti gli avvenimenti più o meno tristi e spiacevoli che ha subito nell’ultimo anno attribuendo un ordine di importanza a ciascuno di essi, dopo di che individuare su un altro foglio tutto ciò che desidera maggiormente per il proprio presente e ciò che fa stare bene o che vorrebbe risolvere. Dare infatti un nome alle proprie paure, ai propri bisogni e desideri è la base da cui partire per affrontare ogni stato di malessere, specialmente l’attacco di panico. Occorre spezzare il giogo di passività della vittima: comprendendo i propri bisogni e le proprie ansie si diventa protagonisti e artefici del proprio benessere. Evitare le situazioni in cui l’attacco si è manifestato invece non è mai una buona soluzione perché si rischia di autoalimentare maggiormente le proprie paure e di compromettere seriamente la propria qualità di vita; è importantissimo invece affrontare ogni difficoltà,anche con l’aiuto di amici, familiari e colleghi cercando di comprendere sempre, anche in presenza dell’attacco stesso, cosa in quel momento faccia così paura. La chiave di soluzione è sempre la predisposizione ad affrontare il problema e mai la fuga.

Psicologa Jeny Meregaglia