I Passi
I Passi
Luca era una persona di mezza età, ed era metodico e preciso come pochi. Lui amava la puntualità e la regolarità in ogni cosa. Apprezzava specialmente la regolarità negli orari, compiendo sempre la stessa azione alla stessa
ora, con una precisione ed un’accuratezza davvero notevoli, e che costituivano uno dei punti fermi della sua vita. Ogni mattina le sue azioni erano regolari e perfettamente scandite a partire dal suo risveglio, e il culmine di quelle attività era rappresentato dall’arrivo alla fermata del bus sempre allo stesso orario, al mattino molto presto, ben prima dell’alba, per evitare il pesante traffico cittadino ed arrivare in ufficio in orario. Non era davvero necessario arrivare alla fermata con una regolarità così perfetta, ma per Luca questo non faceva alcuna differenza: la sua vita era ordine e metodo, e lui si atteneva strettamente a quei principi, che non lasciavano spazio per niente e nessuno e che schermavano le sue emozioni e i suoi sentimenti, nascondendoli a se stesso ed agli altri.
Un giorno, mentre aspettava l’autobus, Luca sentì dei passi sul selciato, e vide una figura che arrivava verso di lui tenendosi nell’ombra. Nonostante non fosse possibile vederne il viso, né scorgere i particolari di come fosse vestito, Luca non fu né insospettito né spaventato dall’uomo, e si meravigliò anzi del particolare rumore che le scarpe facevano sul selciato, visto che lui camminava con un ritmo perfetto ed il rumore dei tacchi sembrava quasi una musica. Luca ascoltò rapito quel rumore, che continuò con sincronia perfetta anche quando l’uomo lo superò e scomparve nel buio.
Luca non sapeva se quella strana musica, così perfetta, fosse solo una sua illusione o se l’uomo era un artista capace di generare quella armonia volontariamente, suonando le sue scarpe come se fossero uno strumento. Per un po’ si pose la domanda, che però perse presto di significato e non lo interessò più: l’unica cosa che lo interessava era la musica, e da quel giorno l’uomo misterioso diventò una presenza costante in ogni sua giornata. Ogni giorno l’armonia e la perfezione di quei passi diventarono il fulcro della sua giornata, lasciandogli una strana sensazione di vuoto quando si perdevano, sempre con un ritmo perfetto, nel buio. Ben presto, Luca imparò a conoscere ogni sfumatura di quel ritmo misterioso, memorizzò il modo in cui i passi si avvicinavano a lui, e imparò perfettamente a cogliere ogni dettaglio della musica che quei passi sembravano nascondere e nel tempo stesso rivelare, con una magia sottile ma chiaramente riconoscibile che gli faceva iniziare la giornata sempre con uno spirito nuovo, pieno di curiosità, aspettativa ed a volte emozione, anche se non
succedeva mai niente di particolare e la sua vita andava avanti come sempre, senza nessun cambiamento nella precisa routine quotidiana a cui Luca, teneva tanto.
Quando pioveva, i passi dell’uomo erano quasi pigri e la musica sembrava un po’ più cauta, con una strana armonia che ricordava a Luca il rumore della pioggia sui vetri o il rumore del mare sulla spiaggia nelle giornate d’inverno. Quando invece il marciapiede era pieno di neve, i passi erano festosi e vivaci, e nella mente di Luca si materializzava il camino scoppiettante della casa dei suoi nonni, in cui la legna bruciava allegramente e colpiva la sua fantasia di bambino solo per il fatto che era lì, così diversa da ogni altra realtà cittadina che lui conosceva, ed allo stesso tempo così familiare e così rassicurante. Il suo cuore si aprì lentamente, senza che lui se ne rendesse conto, e quei passi così perfettamente ritmati lo ricondussero, quietamente e silenziosamente, a nuove emozioni, che non sapeva che potessero esistere.
Ogni mattina, per molti anni, lo sconosciuto passò davanti a Luca senza rivelare il suo volto o il suo aspetto, ed ogni mattina il ritmo del suo passo sul marciapiede scandì l’intera giornata di Luca, lasciandolo per ore a pensare a quei passi, al loro ritmo indefinibile e magico, alla sensazione di completezza che riuscivano a trasmettergli, senza che lui ne capisse il motivo o sentisse il bisogno di capirlo. Il suo mondo interiore si arricchì e prese vita e colore, e quei passi diventarono indispensabili per tenere in vita quel mondo, a cui Luca non sapeva più rinunciare.
Un giorno, quando ormai Luca non aspettava altro che la misteriosa figura, l’uomo arrivò come al solito ma si fermò davanti a lui, cogliendolo completamente impreparato e facendogli battere forte il cuore. L’Uomo rimase nell’ombra, e dopo un attimo di silenzio gli parlò, con una voce calda e pastosa che ricordò a Luca, per qualche motivo, il camino dei nonni, o forse la bottiglia di whisky nel mobile di quercia lì accanto, quella che veniva
aperta per le grandi occasioni o nel caso di eventi molto importanti, come un’ondata di freddo o una neve prematura in autunno.
– Buongiorno – disse l’Uomo, e a Luca parve che stesse sorridendo.
– Buongiorno – rispose lui, col cuore che pulsava all’impazzata.
– È venuto il momento di camminare insieme – disse l’Uomo con naturalezza, quasi sorridendo sotto i baffi.
– Non sarò mai in grado di camminare come può fare Lei – rispose Luca, esitante ma pieno di calore e di gioia.
– Imparerai – rispose l’Uomo, e dopo averlo fissato per un attimo si avviò facendo risuonare ancora una volta la musica dei suoi passi.
Luca esitò, ma il richiamo di quella melodia era irresistibile, e non poté trattenersi: con cautela cominciò a camminare per raggiungere l’Uomo, e si accorse con meraviglia che i suoi passi risuonavano
esattamente come quelli della figura nell’ombra, forse solo un pelino più esitanti, ma di certo tenendo lo stesso ritmo e producendo la stessa musica magica, ricca di un’armonia e bellezza che solo lui era in grado di percepire.
Col cuore pieno di vita, cominciò a camminare sicuro, col volto nell’ombra e tenendo il ritmo del suo misterioso interlocutore senza più esitazione. Il suo cuore aveva ripreso a battere, e il calore delle emozioni che adesso era in grado di provare permeava tutto il suo corpo e gli dava nuova vita.
Aveva improvvisamente capito: il suo spirito era finalmente libero.
di Fabio Messina