Il tradimento – profili giuridici

“IL TRADIMENTO – PROFILI GIURIDICI”

Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975, la separazione dei coniugi era ammessa soltanto “per colpa”: separazione e colpa costituivano dunque un binomio indissolubile.  Con la riforma del diritto di famiglia la separazione è invece stata svincolata dal concetto di colpa, ed è stato delineato il nuovo istituto dell’addebito, che presuppone il comportamento di uno dei coniugi contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. L’addebito, adifferenza della “colpa” non costituisce però più condictio sine qua non per l’ottenimento della separazione; in parole povere, non è necessario che la separazione venga addebitata ad uno dei coniugi per ottenerla, essendo invece sufficiente che sia divenuta intollerabile la convivenza anche indipendentemente dalla volontà dei coniugi stessi.

La giurisprudenza più datata in materia era pressochè orientata nell’addebitare in ogni caso la fine del matrimonio al coniuge che aveva tradito. Nell’arco degli anni si è invece formata copiosa e disparata giurisprudenza in tema di “addebito della separazione” a causa del venire meno del dovere di fedeltà coniugale.

Recentemente si è consolidato il principio secondo il quale “non vi può essere addebito della separazione se l’incidenza del tradimento sulla relazione coniugale non abbia spiegato effetti negativi sull’unità familiare e quindi alla rottura dell’unione abbiano concorso altri motivi” (Cass. Civ. 19.03.2009). L’infedeltà dunque, al giorno d’oggi, non costituisce più, a differenza che negli anni ’70, presupposto sufficiente per ottenere l’addebito della separazione.

In tal senso, una fra tante, si annovera la sentenza della Suprema Corte di Cassazione, n.10273 del 26.05.2004, che recita testualmente che “il giudice del merito non ha ritenuto di addebitare la separazione al marito sul solo dato costituito dall’accertato tradimento” e ciò alla luce del fatto che “la sola relazione adulterina, nota e sopportata dall’altro coniuge, non è necessariamente causa di addebito qualora, una volta cessata, sia stata superata dalle parti”. La stessa sentenza ha altresì avuto modo di affermare che, di contro, lo stesso non può dirsi per l’ipotesi di una relazione extraconiugale che duri cinque o sei anni e che, se anche inizialmente sopportata, può essere causa del fallimento del matrimonio proprio a causa del suo protrarsi, posto che nessun coniuge è tenuto a sopportare per un tempo indefinito una situazione che necessariamente incide sul rapporto di fiducia che deve sussistere all’interno della coppia.

Dunque, l’incidenza del venir meno al dovere di fedeltà sulla crisi del matrimonio, deve essere valutata caso per caso, non potendo venire addebitata la separazione al coniuge che tradisce allorquando il tradimento interviene in un menage familiare già compromesso (Cass. n.25618/2007 – Cass. n.25560/2010).

Si arriva poi agli estremi opposti con la sentenza n.8052, di aprile 2011, con la quale la Corte Suprema ha sposato una inconsueta linea dura sul ruolo del tradimento nella causa di separazione di una coppia dove, di fatto, la crisi era già iniziata, talchè i due coniugi vivievano da “separati in casa”.

La più recente giurisprudenza si è infine “sbizzarita” nell’emettere sentenze in tema di tradimento. Ad esempio, nel caso delle coppie cosidette “aperte”, nelle quali i rapporti sessuali fuori dalla coppia costituiscono un tacito accordo, a nessuno dei coniugi può essere addebitata la separazione, trascinandosi ormai il matrimonio in un contesto di disgregazione della comunione materiale e spirituale (Cass. Civ. n.9074 del 20.04.2011).

E ancora, la giurisprudenza sembra tollerare i rapporti adulterini in caso di presenza fastidiosa ed intollerabile della suocera in casa, come pure nel caso in cui uno dei due coniugi abbia nascosto all’altro la propria sterilità!

Ad colorandum, si annovera infine una recente sentenza del Tribunale di Treviso del 2009 che ha comunque ritenuto di addebitare la separazione ad un marito nonostante l’infedeltà fosse solo “virtuale”. Nella motivazione di detta sentenza si legge infatti che “l’obbligo di fedeltà è da intendersi non soltanto come astensione da relazioni sessuali extraconiugali, ma come impegno di ogni coniuge di non tradire la fiducia reciproca, avvicinandosi la nozione di fedeltà coniugale a quella di lealtà, che impone di sacrificare gli interessi e le scelte di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive di vita in comune”. Secondo il Tribunale di Treviso, dunque, nella fattispecie, la moglie aveva tutto il diritto di sentirsi tradita per il fatto che il marito frequentasse segretamente un’altra donna, anche se solo per “amicizia” e ciò in quanto, a detta del collegio, anche se la circostanza “non si sostanzi in un adulterio, l’infedeltà virtuale comporta comunque un’offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge”!!!

E’ dunque piuttosto difficile tirare le somme sulla reale posizione della giurisprudenza in fatto di tradimento e separazione, stante una casistica piuttosto varia. E ciò accade in quanto le norme sul diritto di famiglia sono molto poche, oltre che generiche al punto da dare spazio alle più colorite interpretazioni.

dell’Avv. CLAUDIA COMI