La Sedia

Quello della vecchia casa colonica di Montalcina non era un buio qualunque: la notte era piena di suoni, di ombre, di parole. I pavimenti di legno della vecchia casa, diseguali e dall’odore penetrante, risuonavano di passi anche nella tranquillità della notte, le vecchie travi del tetto cantavano una ninna nanna triste e silenziosa, i mobili discorrevano tra di loro con cigolii e scricchiolii brevi ed intensi. 

I muri sospiravano e si lamentavano per i reumatismi dovuti all’umidità, le molle delle vecchie poltrone chiamavano, con le loro vocine sottili, i vetri delle finestre che tintinnavano allegramente proclamando la loro vittoria contro il vecchio stucco, che ormai non li bloccava più: le vecchie e robuste porte ansimavano dondolandosi pigramente sui cardini arrugginiti e striduli, accompagnati dagli scoppiettii degli stipiti robusti e polverosi.

Con un buio così vivo e pieno, era naturale aver paura e così i due fratellini, Antonio e Giuseppe ( detto Pino ), avevano passato tante notti tremando terrorizzati: abbracciati sotto le pesanti coperte di lana, contavano insieme i passi, ascoltavano tutte le conversazioni che si intrecciavano nel silenzio, seguivano, affascinati ed impauriti, ogni movimento invisibile che riempiva quel buio che loro sentivano immenso e spaventoso. Nelle loro menti si impresse profondamente quella paura, e solo il sorgere del sole gli infondeva il coraggio di mettere la testa fuori dalle coperte che li avevano protetti con una cortina fragile ma impenetrabile per le loro menti di bimbo. Tuttavia loro erano due ragazzini coraggiosi, e presto trovarono una soluzione a quel problema: bastava lasciare la luce di una piccola candela accesa sul tavolino a fianco del letto per creare una zona franca da cui il buio caldo e minaccioso si teneva lontano con rabbioso rispetto. La rozza candela di sego, con la sua fiamma lenta e sicura, divenne la loro principale alleata, e i loro piccoli cuori si rasserenarono nel godere di quella limitata ma preziosa immunità.

Ma non si può lasciare un fuoco incustodito nella notte di una casa con i pavimenti ed il tetto in legno: i fratellini sapevano questo, e così decisero di organizzare, semplicemente, dei turni di guardia. Quando alle nove in punto si mettevano a letto, Pino prendeva la vecchia e pesante sedia a dondolo che era sistemata in un angolo della casa, la spostava vicino al letto e coprendosi con una coperta le gambe rimaneva a vegliare il loro alleato così prezioso e pericoloso. Le ore nella notte passavano lentamente, ma quando la vecchia pendola del pianterreno cessava la sua lenta e monotona conversazione fatta di ticchettii per suonare le due del mattino, Pino svegliava Antonio e si davano il cambio con dignità, fino al momento del risveglio generale e del ritorno della luce del sole.

La notte non fu più un problema per i due fratelli: gli oggetti e le parti della casa continuarono le loro conversazioni sfuggenti ed inafferrabili, ma Pino e Antonio non avevano paura perché sapevano che la veglia di uno, ed il silenzioso aiuto della loro vecchia candela tenevano tutto ciò al di fuori della piccola sera di luce prodotta da quel piccolo cilindretto di sego.

Passarono gli anni, i due fratelli crebbero ed  i loro genitori morirono, lasciando a loro la vecchia casa, la stalla ed il piccolo appezzamento intorno. Pino ed Antonio continuarono a lavorare con impegno ed umiltà e continuarono, al calar della sera, a darsi il cambio sulla sedia di legno di fronte alla piccola candela di sego. Nonostante fossero due bravissime persone, non si sposarono mai, ma continuarono a vivere nel modo semplice e tranquillo in cui avevano vissuto sin da bambini. Il buio della casa era sempre più pieno di suoni, di rumori e di vita, ma loro continuarono a montarsi la guardia reciprocamente, passando lunghe notti in silenzio, con gli occhi fissi sulla piccola candela. Sebbene fosse vecchia e logora, senza cuscini e costruita senza una particolare abilità, la sedia che gli forniva asilo, a turno, gli sembrava sempre più comoda e morbida, al punto che alle due del mattino il cambio era sempre visto con rimpianto da colui che lasciava la sedia per il letto, nonostante questo fosse morbido e caldo.

Una sera, con i fratelli ormai anziani, Antonio si mise a letto e Pino accese la candela e si lasciò andare, sollevato, sulla sedia vecchia e scomoda. Ma subito si accorse che qualcosa non andava: la casa era silenziosa, ogni rumore era scomparso e si avevrtiva soltanto, in lontananza, il rumore dei grilli nella campagna circostante. Pino rimase a disagio a lungo, e presto si accorse di sentirsi anche poco bene: respirava a fatica, aveva uno strano pizzicore al braccio e, per la prima volta in tanti anni, aveva uno strano e profondo freddo alle mani ed ai piedi. Pino riuscì a resistere a lungo, ma ad un certo punto si alzò faticosamente dalla sedia cigolante e svegliò, per la prima volta in più di sessant’anni, suo fratello.

– Antonio ! Sveglia, Antonio ! – disse Pino faticosamente. Con sgomento, si rese conto di non riuscire a parlare con la solita facilità.

– Cosa c’è, fratello ? – chiese Antonio. Ma le sue labbra erano livide ed il suo corpo pesante.

– Sto male, Antonio. – disse Pino, e poi quasi senza rendersene conto aggiunse: – Sto morendo. –

– Anche io. – disse Antonio con la stessa naturalezza ed altrettanto penosamente.

I due fratelli si guardarono per un momento, immersi nel silenzio della loro casa. I loro volti, sebbene deformati dalla sofferenza, erano sereni.

– Vieni a letto, fratello. – disse Antonio – ma prima spegni la candela. – Pino lo fece, poi entrò nel letto e si abbracciarono come avevano fatto tanti anni prima. Il silenzio durò ancora qualche attimo, poi i fratelli sospirarono e la loro sedia cigolò pesantemente.

Il buio riprese a parlare proprio in quel momento, ma i due fratelli non ebbero più paura. Mai più.

di Pietro Messina