Lo sport come esperienza di crescita personale

È risaputo che ogni persona, quando muove il proprio corpo, esterna i propri stati d’animo e gli aspetti più introversi del suo carattere. Una camminata, la gesticolazione delle mani, la mimica facciale sono tutti elementi in movimento che caratterizzano una persona e la rendono unica e al tempo stesso trasparente agli occhi degli altri. Il movimento si trasforma in sport quando a questo viene associata la tecnica, ovvero la consapevolezza del gesto fatto per raggiungere un obiettivo che può essere una camminata più veloce per il raggiungimento di un traguardo, un salto più alto per il superamento di un ostacolo, il controllo del corpo per una camminata sulla trave.

Lo sport è innanzitutto gioco. È attraverso il gioco che il bambino si avvicina allo sport applicando quelli che sono gli schemi motori di base ovvero camminare, correre, saltare, rotolare, strisciare. Noi tutti acquisiamo inconsapevolmente (o consapevolmente?) questi schemi che poi vengono sviluppati in modo specifico all’interno di uno sport. Ogni individuo effettua questi movimenti in modo diverso e del tutto personale: ecco che lo sport diventa così caratterizzante per la persona. In palestra, all’aperto, in piscina, non importa dove, ma il luogo in cui si pratica sport diventa una finestra di osservazione sulla persona e sul suo modo di reagire all’ambiente che lo circonda. Tra gli aspetti che più mi hanno colpito in questi anni, adesso che mi trovo dall’altra parte della “barricata”, vi sono:

  • la capacità dell’individuo di rapportarsi con gli altri.
  • la capacità di adattamento alle situazioni.
  • la capacità di affrontare le situazioni.

1. Nello sport, soprattutto lo sport di squadra, una delle prime cose che impari è quello di condividere il tuo spazio insieme ad altri. Questo significa accettare l’altro per quello che è, con i suoi pregi e i suoi difetti imparando che non esiste un solo modo di pensare, di parlare, di agire, ma ne esistono tanti e non sono tutti giusti o tutti sbagliati. Un atteggiamento può essere giusto o sbagliato relativamente alla situazione in cui ci si trova. Stare insieme agli altri significa collaborare: dal disporre in modo ordinato l’attrezzatura per l’effettuazione di un esercizio, al passaggio della palla per raggiungere uno scopo comune, abbandonando l’atteggiamento di superbia e di egoismo del “faccio da solo perché so fare tutto io”;

2. lo sport, soprattutto se praticato a certi livelli, insegna a controllare il proprio corpo in relazione a situazioni di stress (per es. prima di una competizione) o a momenti di tranquillità (per es. dopo una gara o durante le vacanze estive). Questo permette all’individuo di affrontare meglio situazioni particolarmente pesanti, anche al di fuori dell’ambito sportivo, come per esempio un esame all’università o un carico di lavoro eccessivo;

3. Io trovo che questo terzo punto sia fondamentale: lo sport ti aiuta ad affrontare le difficoltà, ti insegna a saper perdere, ma nello stesso tempo a sapere come fare per “rialzarti e ricominciare”. Impari ad essere umile, a riconoscere chi è più bravo di te: da qui nasce il carattere competitivo della persona, che vuole vincere, vuole arrivare e impara a lottare per le cose in cui crede.

Ho approfondito questi tre punti perché penso che spieghino il titolo che ho voluto dare a questo articolo: lo sport come esperienza di crescita della persona. Infatti la collaborazione con altre persone, la capacità di affrontare situazioni difficili o particolarmente stressanti costituiscono elementi di formazione interiore della persona. Ho descritto questi aspetti della vita sportiva come caratterizzanti positivamente la persona. MA sono fermamente convinta che come una medaglia a due facce anche lo sport può avere i suoi lati negativi. Infatti questi aspetti, altamente qualificanti per l’individuo, possono diventare una lama a doppio taglio se la persona non riesce a sopportare il carico a cui è sottoposto o se, ancora peggio, la sconfitta che dovrebbe far emergere il lato competitivo diventa pretesto di demotivazione e rabbia. Spesso a questo contribuisce l’ambiente familiare che condiziona profondamente l’atteggiamento del bambino, soprattutto durante l’età adolescenziale.

Quando sei piccolo l’ambiente domestico è in primis l’elemento caratterizzante della tua crescita. In seguito, con l’inizio della scuola materna prima e dell’obbligo poi, il carattere viene plasmato dalla vita di gruppo e dal confronto con i coetanei.

Una volta, quando non esisteva il magico mondo della televisione, lo sport cominciava in strada. La strada era la nostra palestra: chi non ricorda le giornate passate a giocare a nascondino dietro le macchine del cortile, la porta da calcio costruita con due pietre rubate nel campo del contadino di fronte o il gioco della settimana disegnato per terra grazie al gesso che l’amica aveva rubato dalla lavagna della scuola? La strada è stata maestra di vita: quante cadute, quante ginocchia sbucciate, quante arrampicate per andare a recuperare la palla finita sull’albero. Il nostro corpo in palestra, a differenza dei bambini di adesso, seduti comodamente sul divano di casa a giocare alla playstation, era già abituato ai movimenti di base necessari per il progresso della tecnica. Adesso invece è tutto da reinventare: si notano maggiormente le difficoltà motorie e la differenza tra chi pratica sport e chi non lo pratica è evidentissima.

Oltre all’aspetto fisico, che è una delle prime caratteristiche a distinguere tra una persona sportiva e una che non lo è, c’è l’aspetto mentale. Per due anni, durante il periodo dell’università, ho aderito ad un progetto, “Giovani e Sport”, promosso dal comune in cui abito e rivolto alle associazioni sportive del territorio. Il percorso era strutturato in modo tale da far conoscere ai bambini le varie discipline sportive e nello stesso tempo per “imparare a giocare”. È stata un’esperienza che ha arricchito sicuramente i bambini, ma nello stesso tempo ha arricchito me stessa. Ho notato che i bambini più svegli, più grintosi e più competitivi erano proprio quelli che praticavano sport al di fuori dell’orario scolastico e questo si ripercuoteva anche nel rendimento scolastico, che spesso mi confermavano le maestre era più alto rispetto ai non praticanti.

Per questo si parla di benessere psicofisico della persona. Attraverso il movimento possiamo garantire la base della conservazione e dello sviluppo della personalità.

Sara Giordano