Meriggio Italiano
C’è una scala che fa un gomito stretto, portando ad una stanza segreta, una specie di abbaino. Da lì si vede tutta la conca, dalla forca della fortezza di Narni fino al monte Eolo, dove i venti si uniscono e vanno a morire.
E’ una delle possibili angolazioni: puoi vederla più da vicino dalla collina di Pentima, appena sopra il Balipedio, infilando in sequenza le acciaierie, il campo dismesso di viale Brin, fabbrica d’armi, Palazzo Rosa e grattacielo, più giù San Francesco, ed a sinistra in basso il Duomo. O forse da Colle Obito, ma lì la vista ti appare chiusa ormai. Discendo, sfiorando il parco delle Grazie: l’ossessione per le altezze ci sta perdendo…16, 18, 20 piani, e intanto giochiamo a nascondino con noi stessi.
E’ un paese che si sta imprigionando da solo (e non bastano, a diradare la sensazione, i vezzosi balconcini o l’incastro di marcapiani che mima una chiave inglese sulla facciata). Sono stato tanti anni lontano…e ricordo la libertà di quelle lunghe notti sulle strade inglesi, a volte soltanto io e lo spargisale, per paesi deserti, percorsi più o meno a velocità costante, come un seguito di rotonde, e qualche sosta altrettanto silenziosa.
Sempre lo stesso itinerario, da Nottingham a Reading, solitamente nella notte tra domenica e lunedì, fino a passare il ponte sul Tamigi dopo Caversham spesso dopo le due di notte (una volta ci trovai di traverso un’auto della polizia che braccava un tipo che, come in un film, si nascondeva all’angolo tra due muri di mattoni dietro dei copertoni). E la strana profezia che vivo come allora non lo sarei stato più.
Lascio la bici davanti casa e penso che mi piacerebbe sbagliare per una volta. In fondo, questo è un grande paese, oggi affacciato ad un abbaino e teso al gomito di una scala.
di Carlo Santulli