SPECIALE The Way He Looks: intervista a Filippo Ascione: “Porto in Italia il film di Ribeiro, una storia che si legge con il cuore”
In prima linea per portare nelle nostre sale The Way He Looks, il film brasiliano candidato ai prossimi Oscar (verrà presentato questa sera ore 21.00 a Milano, Spazio Oberdan – Viale Vittorio Veneto 2), è stato lo sceneggiatore Filippo Ascione. Grande figura del nostro cinema italiano, Ascione, già Direttore Artistico in Italia e in America della Penta Film, è stato per un quindicennio stretto collaboratore del suo Maestro Federico Fellini (assistente alla regia, tra gli altri, in Ginger e Fred e L’Intervista). Da ricordare, sempre come sceneggiatore, anche la sua collaborazione con Carlo Verdone (Nastro d’Argento come Miglior Soggetto per Al Lupo al Lupo, nel 1993). Cameralook ha avuto il piacere di poterlo intervistare.
Perché The Way He Looks è un film su cui puntare? Qual è l’aspetto principale che l’ha convinta a portarlo in Italia?
C’è una riscoperta dei sentimenti, un ritorno al romanticismo che questo film racconta in modo semplice e toccante. È una storia che si legge con il cuore.
A che punto è il nostro Paese riguardo al tema dell’omosessualità? Quanto è importante e può far riflettere un prodotto artistico come questo film brasiliano?
C’è ancora molta strada da fare. Certi temi da noi impiegano molto tempo prima di essere risolti. Dibattiti e riflessioni lunghi e inutili. Vi ricordate il divorzio in Italia? Oggi il mondo corre veloce su una fibra ottica. Questo film commuove e spesso basta un piccolo sentimento per cambiare le coscienze.
Il film parla di un amore assoluto, che un ragazzo cieco sente e prova al di là del senso della vista. Cosa pensa delle emozioni e dei sentimenti che invece esistono in questa nostra società dell’immagine e dell’apparire?
Oggi tutto è diventato un design. Non c’è spazio per tutto quello che non appare, che non ha forma. Tutto deve essere quantificato e apparire all’interno di uno spazio. Ma non esiste “oggetto” che possa prendere il posto di un sentimento e di un’emozione.
Da sceneggiatore, come giudica il cinema italiano attuale dal punto di vista della scrittura? Quanto la mancanza di fondi mette continuamente in ombra grandi idee che restano nel cassetto?
Si sta più attenti alla scrittura rispetto al passato. Ci sono storie interessanti e coraggiose. Purtroppo manca un adeguata politica culturale per sostenere la sperimentazione che in questo settore è necessaria.
Lei è stato assistente di Federico Fellini. Qual è stato l’insegnamento più grande che le ha lasciato e che la accompagna ogni giorno nel suo lavoro?
La passione. Fare le cose con passione.
Lo scorso 28 settembre abbiamo voluto ricordare i 90 anni dalla nascita di Marcello Mastroianni. Lei che con lui è stato nel cast di Ginger e Fred che ricordo ha di questo grande attore?
Me lo ricordo la mattina quando arrivava sul set. Gli portavo la scena con i dialoghi del giorno. E ripeteva sempre una frase: “Che bello questo mestiere! Ti pagano per giocare“.
Quest’anno Carlo Verdone è stato in giuria alla Mostra di Venezia e ha ritirato un premio alla carriera a Toronto. Com’è stato lavorare con lui?
Lavorare con Carlo è un piacere assoluto. Ho un bellissimo ricordo. Per il lavoro insieme e per l’amicizia che è nata.
Per concludere, le chiedo quali sono i suoi prossimi progetti e cosa consiglia ad un giovane sceneggiatore che vuole scrivere un film.
Sto cercando film stranieri da portare nel nostro paese con la possibilità di adattare quelle storie con dei remake. Ai giovani sceneggiatori consiglio sempre di partire da un tema. È lì il seme della storia.
Intervista di Giacomo Aricò